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13 Luglio 2010

The international festival of scenic arts 2010

Filed under: Scenografia — admin @ 12:41

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LO SCENOGRAFO E GLI STRUMENTI DEL SUO TEMPO: UN PUNTO DI VISTA

Parliamo naturalmente di teatro: cinema e televisione affrontano il problema della scenografia con altri presupposti.

E’ difficile parlare di scenografia nel periodo attuale, soprattutto in Italia. La grave situazione economica che il nostro paese sta attraversando condiziona pesantemente ogni libera scelta artistica, di ricerca, di innovazione e di sperimentazione. In questo panorama si produce poco e male, soprattutto a discapito delle nuove generazioni di professionisti che si dedicano alla scenografia, proprio in un momento in cui nuove tecnologie si affacciano all’orizzonte del secondo decennio del secondo millennio sia sul versante della progettazione, sia sul versante della realizzazione che della tecnologia di palcoscenico.
Sul versante della progettazione il mercato offre numerosi e sofisticatissimi software di modellazione tridimensionale, oltre ai ben noti sistemi di disegno assistito, con i quali è possibile avvicinarsi in maniera considerevole a quello che sarà il risultato finale. Una simulazione, quindi, del reale che unisce una qualità della texture con quella della luce di livello inaspettato. Esiste ormai sul mercato anche un software freeware che permette addirittura, anche a vecchi incompetenti come il sottoscritto, di modellare velocemente degli schizzi volumetrici molto attendibili che sostituiscono i modellini di massima in cartoncino che si facevano fino a poco tempo fa soprattutto per capire la bontà e la qualità delle proporzioni e delle strutture.

Sul versante invece della tecnologia e della realizzazione si può riscontrare un sempre maggiore abbandono della pittura in favore soprattutto di sofisticati sistemi proiettivi. Sistemi meccanici, illuminotecnici e multimediali si stanno imponendo in palcoscenico ed il loro controllo diviene sempre più specialistico per cui se non si è a contatto con la pratica quotidianamente, risulta difficile qualsiasi aggiornamento.

Ma il punto a mio parere non è questo.

Due aspetti fondamentali stanno cambiando rapporti storicamente poco propensi a cambiare e ad innovarsi e questo grazie ad un più stretto rapporto tra arte e scienza che le nuove tecnologie e i nuovi linguaggi ci impongono: la drammaturgia e l’organizzazione stessa dello spettacolo.
I nuovi media impongono necessariamente nuovi linguaggi per raccontare, alcuni già entrati nel lessico televisivo e cinematografico. Mi vengono in mente le parole premonitrici che qualche anno fa, presentando uno spettacolo intermediale di cui era co-autore, Giorgio Celli, etologo ed appassionato di drammaturgia, disse al pubblico:

”Sembra quasi necessario che l’uomo acquisti coscienza del mutamento prossimo venturo, ma che non lo comprenda soltanto con la ragione, ma che venga coinvolto emozionalmente. La complicità della parte sinistra del nostro cervello non è sufficiente, bisogna chiamare in causa anche la parte destra, mettendo la ragione in sintonia con l’emozione, la percezione visiva con l’esercizio della logica, il vedere con il pensare, il pathos con il cogito. Come ottenere questo risultato se non attraverso un’opera multimediale, interdisciplinare, ad interfaccia tra scienza e arte, se non con un collage tecnologico, con un evento totale, con la simulazione di una grande profezia cosmologica?
Io credo che questo sia il tentativo anticipatorio di quello che potrebbe essere il teatro del prossimo millennio. A mio parere il teatro sta declinando, spinto da altri mezzi assai più suggestivi: come potrà sopravvivere, se vorremo farlo sopravvivere?
Da un lato credo che diventerà uno psicodramma: due attori che parlano circondati da poche persone e questo potrà essere un teatro dell’immaginazione, della finzione, dell’emozione, della partecipazione diretta; l’altro tipo di teatro potrebbe essere un tipo di teatro totale, dove tutti i mezzi di riproduzione dell’immagine e di trasmissione delle parole e dei suoni concorrono insieme a fare una specie di grande “conflagrazione””.

Dello psicodramma si è già impadronita la tv con i vari reality che stanno imperversando su tutti i fronti: un gran numero di spettatori (che alimentano l’audience e quindi la pubblicità e quindi gli introiti…) assistono in qualità di voyeurs alle emozioni “dal vero”, in partecipazione emotiva diretta (ma su questo ci sarebbe molto da dire…) di interi gruppi eterogenei di persone.
Al teatro forse resta quella che Celli chiama “evento totale” di movimento, di immagini, di parole e di suoni dal vivo, in tempo reale, in altre parole la multimedialità o intermedialità.
E qui non si tratta di mettere telecamere e monitors in scena o usare le proiezioni o laser vantando di essere all’avanguardia; si tratta invece di usare dei veri e propri linguaggi multi o inter mediali che sono cosa diversa e più articolata ancorché spettacolare.

Ma la domanda è: si può ancora parlare di “scenografia” come scienza autonoma o è meglio chiamarla “scienza delle apparenze” come qualcuno ha proposto? Non a caso molti spettacoli contemporanei escono dagli ormai angusti spazi teatrali. Ma soprattutto: esistono drammaturghi che scrivono e che immaginano un teatro simile? Ed esistono nuove personalità registiche e scenografiche che si approprino di questi nuovi linguaggi legati alle tecnologie, ma soprattutto all’intermedialità?

Probabilmente sì, e sono ancora una sparuta ed isolata minoranza che faticosamente sta emergendo, ma questo non è il momento propizio per sperimentare, per provare, per curiosare e ricercare nei meandri del futuro: soprattutto in Italia mancano i mezzi e le opportunità e certo non bisogna aspettarsi nulla dalle cosiddette istituzioni…. Prendono però sempre più piede nuove metodologie e nuovi sistemi di lavoro e di organizzazione. Ormai i numerosi specialismi obbligano necessariamente (finalmente, direi!) ad un serio lavoro di gruppo, in cui varie personalità hanno lo stesso peso e lo stesso intervento sulla qualità dello spettacolo: non è più affare soltanto del regista demiurgo factotum in primis e dello scenografo fornitore di immagini in seconda battuta; ingegnere del suono, light designer, ingegnere informatico, ingegnere meccanico, tecnico informatico, art director ed altre figure ancora stanno sempre più costantemente affiancando e sostenendo quelle storiche della progettazione dello spettacolo ed in futuro lo faranno ancora di più.

Per quanto riguarda il rapporto fra le nuove tecnologie e lo spettacolo, ultimamente mi hanno colpito due cose: la prima riguarda il passato e la seconda il futuro.

Per ciò che concerne il passato ho scoperto solo poco tempo fa una figura straordinaria di scenografo, sul quale in Italia si sa poco, che ha elaborato una serie di teorie e di spettacoli ancora oggi all’avanguardia, ma lo ha fatto fin dalla fine degli anni ’60 ed è questo l’incredibile: si tratta di Jacques Polieri, scenografo francese che già da quegli anni aveva pensato ad un nuovo rapporto fra pubblico e spettacolo con l’ideazione di settori di pubblico che aveva così l’opportunità di muoversi nelle tre direzioni dello spazio, cambiando continuamente punto di vista sullo spettacolo; o anche il suo théatre mobile à scène annulaire che è una sorta di teatro totale semovente; ma le innovazioni principali hanno riguardato la sua messa in scena: immagini elettroniche, proiezioni, riprese-ponte fra continenti diversi… Insomma “ha previsto, venti/trenta anni prima, la fine del teatro nella sua forma tradizionale, la banalizzazione del cinema, e lo straordinario sviluppo della televisione, del video e dei mezzi elettronici” come ha scritto Jean-Michel Place.

Per il futuro, la cosa che mi ha più sorpreso come appasionato di scenografia, è senza dubbio la nascita e lo sviluppo di tecniche di proiezione tridimensionale animata su facciate o elementi architettonici che hanno la possibilità di trasformare l’architettura in una metamorfosi continua affascinante: il più antico sogno dello scenografo si avvera e cioè quello di vedere un ambiente che si trasforma gradualmente in altra cosa, in altra figurazione senza nessuna invasività, quasi una forma di trasfigurazione spettacolare.
Questo mezzo rappresenta senza dubbio una risorsa straordinaria dal punto di vista visivo, ma credo anche che attualmente sia usato come semplice dimostrazione di abilità “effettistica”, senza dubbio interessante, ma assolutamente gratuita: credo che quando tutto ciò avrà una destinazione ed un impiego al servizio di un “racconto” più o meno lineare, potrà assumere una superiore forza espressiva e si apriranno quindi altri orizzonti icastici interessanti.

 

pdf dell’Intervento completo di Daniele Paolin

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